
Si tratta proprio di un racconto, di un ri-raccontare e spiegare il magnifico poema cinquecentesco, che troppo spesso una lingua in part desueta in parte lontana, e la veste della catena di ottave tende a fungere da spauracchio per una lettura altrimenti "dilettosa".
Sono convinta che Calvinosia stato fortemente impressionato dal poema dell'Ariosto, dal gusto per la leggerezza, per la fantasia, dalla larghezza lasciata alla fantasia che scorrazza libera attraverso le praterie del mito europeo del ciclo carolingio.
Non si tratta di un saggio, nè di una conferenza, ma di un tentativo, riuscitissimo, di ricondurre al popolo, a tutti noi, un capolavoro che rischia di rimanere relegato allo studio. Ecco dunque le righe iniziali, che possono dare l'idea del tono generale e della bellezza del libro in questione.
"In ogni atlante storico del Medioevo c'è una cartina in cui, colorate di solito di viola, sono segnate le conquste di Carlomagno re dei Franchi e poi imperatore. Una grande nube violetta si allarga sull'Europa, dilaga fin oltre l'Elba e il Danubio, ma a occidente si arresta al confine della Spagna ancora saracena. Solo l'orlo più basso della nuvola scavalca i Pirenei e arriva a coprire la Catalogna.: è la Marca Ispanica, tutto quel che Carlomagno riuscì a strappare, negli ultimi anni della sua vita, all'Emiro di Cordova. Tra tante guerre che Carlomagno combattè e vinse contro i Bavari, Slavi, Frisoni, Bretoni Longobardi, quelle conto gli Arabi occupano , nella storia dell'imperatore dei Franchi, relativamente poco posto: invece, nella letteratura, si ingigantirono fino a coinvolgere tutto l'orbe terraqueo, e riempirono le pagine di biblioteche intere. Nell'immaginazione dei poeti - e prima ancora nell'immaginazione popolare, i fatti si dispongono in una prospettiva diversa da quella della storia: la prospettiva del mito"
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