lunedì 22 novembre 2010

Pitagora e le Fave

Oggi alla fine dell'interessante conferenza sul pitagorismo mi è stato domandato il perchè dell'astensione del filosofo dalle fave, appunto.
se ne danno due interpretazioni
  1. Secondo una teoria, le fave sarebbero state evitare perchè secondo le credenze sarebbero stata causa di una malattia abbastanza grave, consistente in una marcata anemia. Il fatto è, a quanto sembra, che tale sindrome, detta appunto favismo, manifestasse i primi sintomi, dopo aver mangiato fave, legume molto diffuso in Grecia.
  2. La seconda teoria invece si rifà a quello che vi avevo accennato, e cioè al fatto che secondo la tradizione popolare, il frutto della fava sarebbe da ricollegare al culto dei morti, e sarebbe dunque di cattivo auspicio.
Dall’ VIII sec. il primo di novembre si celebra la ricorrenza di tutti i Santi, festa grande per la cristianità.
Il giorno seguente è votato alla commemorazione dei defunti, il cui culto è antichissimo. Per i Romani il “tempo dei trapassati” durava un’intera settimana di febbraio, ultimo mese dell’anno, quello purificatore. La festa dei morti era venerata perché: “da i morti nasce la vita, come dai semi nasce il frutto”. La gente presumeva che nei semi delle fave nere si ritrovassero le lacrime dei trapassati. Diversi i riti dell’epoca: uno, fatto per implorare la pace ai morti, consisteva nel cospargere di questi legumi le tombe; l’altro, eseguito per scaramanzia, era realizzato gettandosi le fave dietro alle spalle e recitando le parole: “con queste, redimo me e i miei”.
Nonostante ciò, le fave costituivano anche l’alimento più emblematico della ricorrenza. Nei festini mortuari, per scopi propiziatori, venivano offerte ai poveri che le mangiavano crude (perché cotte erano di pertinenza dei benestanti).

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